Anno 2001

"Saggio di Germano Beringheli del 1980"

"IL FLUIRE DELLA COSCIENZA"

Adesso che la pittura rinviene a se stessa e alle sue immagini e per via dei balbettamenti tra onirici e primari della così detta "transavanguardia", come e dove situare queste "parvenze" di Antonio Papasso aeree e leggere dell'adagiarsi delle bambagie, mosse dal soffio dell'inquetudine suscitata dall'ultimo silenzio, dalla tensione delle allusività misteriose dell'inconosciuto?

Sarebbe facile, penso, ricuperare come correlazione immediata la condizione della poesia, il rumore della crescita dell'erba "lieta dove non passa l'uomo" l'interiore necessità Kandiskjana o le idealità assolute, né materiali né psicologiche di Klee, e, da più lontano la moralità classica delle misure di Piero.

E, persino, attestarsi sulla definizione fondamentale dell'astrattismo per cui l'arte non riproduce il visibile ma rende visibile.

Eppure, per questo artista toscano, tutto e niente - in questo senso, che è il senso del visibile reso tale dall'arte - appare legittimamente citabile.

Reticoli, tessiture, squame pittoriche si fanno incontri con la linea, col punto, col segno, con l'elemento spaziale, con la struttura della pittura e con la forma che questa supporta.

Si fanno grafica e concetto proprio nel senso della "durata" avvertita da Klee: - Un punto che diventa movimento e linea, esige del tempo. - E, insieme si fanno "essenza" nel senso fenomenologico di Husserl, cioè non istanze immobili, astratte dallo scorrere concreto del tempo, bensì luogo di riflessione esistenziale.

Detto in breve, le sue parvenze presentificano all'occhio quella condizione di vita originaria cui proprio la fenomenologia continuamente ritorna: il fluire della coscienza.

Germano Beringheli

Anno 2000


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